Antiche strade romane

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I Romani, per scopi militari, politici e commerciali, iniziarono la costruzione di lunghe strade diritte. Le Strade Romane erano essenziali per la crescita del loro Impero, in quanto consentivano di muovere rapidamente il loro esercito.

L’enfasi romana sulla costruzione di strade diritte risultò spesso in tratti ripidi, relativamente impraticabili per gran parte del traffico commerciale. Queste lunghe “autostrade” furono molto importanti per il mantenimento della stabilità, e per l’espansione dell’Impero.

Con il nome di vie (viae in latino) venivano indicate le strade extraurbane che partivano da Roma. Il termine deriva dalla radice indoeuropea *wegh- con il suffisso -ya, che significa “andare”, ma che esprime anche il senso di “trasporto”.

La loro creazione fu inizialmente spontanea, e presero normalmente il nome dalla città alle quali conducevano (via Ardeatina verso Ardea), mentre altre avevano i nomi delle funzioni alle quali servivano (via Salaria) o delle popolazioni che arrivavano a raggiungere (via Latina). A partire dal IV secolo a.C. venne avviata la costruzione di nuove strade, dirette verso regioni lontane e aventi funzioni di tipo principalmente militare, alle quali venne dato il nome dei magistrati che le avevano realizzate, principalmente Censore e console: ne è un esempio la Via Appia, iniziata nel 312 a.C. da Appio Claudio Cieco per aprire la strada verso la Magna Grecia nel contesto delle guerre sannitiche.

Le strade erano pensate per durare a lungo: prima di tutto veniva scavata una trincea profonda circa 45-60 cm che veniva riempita con successivi strati di terra, pietra e sabbia fino a raggiungere il livello del terreno. Il tutto veniva cementato con la calcina. Poi venivano rivestite di grosse lastre poligonali di basalto o calcare incastrate perfettamente tra loro; gli interstizi erano riempiti da brecciolina. Questi profondi letti di pietre sbriciolate servivano anche per far sì che le strade rimanessero asciutte, in quanto l’acqua sarebbe filtrata attraverso le pietre, invece di tramutare i terreni argillosi in fango. Erano larghe dai 4 ai 6 metri, così che si potessero incrociare due carri, e talvolta ai lati vi erano dei marciapiedi lastricati. Le legioni fecero buon uso di queste strade, ed alcune sono tuttora utilizzate, dopo ben due millenni.

Un proverbio popolare recita che “tutte le strade portano a Roma”. Le strade Romane erano disegnate in quel modo per ostacolare le province dall’organizzare una resistenza contro l’Impero. Al momento della massima espansione dell’Impero la rete viaria romana misurava oltre 80.000 chilometri, ripartiti in 29 strade che si irradiavano da Roma verso l’Italia, e altre in tutti i territori dell’Impero, dalla Britannia alla Mesopotamia, dalle Colonne d’Ercole al Mar Caspio. Le strade erano dotate di pietre miliari, che indicavano la distanza in miglia dal miliario aureo posto nel Foro romano.

La mappa generale della ramificazione delle vie consolari romane era in marmo esposta nel Foro Romano. Di essa venivano realizzate, e vendute, copie in pergamena, con sotto-mappe parziali, ognuna con un particolare itinerario. Quindi così come accade oggi, il viaggiatore che aveva necessità di raggiungere l’Oriente da Roma acquistava l’itinerario della Via Appia che lo portava a Brindisi dove si sarebbe imbarcato per la sua destinazione.

Alloggio e rifornimento erano assicurati da taberne o simili dove si poteva far tappa per mangiare e dormire, trovare acqua e biada per i cavalli e cambiarli quando si andava di fretta.

Le strade pavimentate iniziarono storicamente con le vie di Roma. Le leggi delle Dodici Tavole, datate attorno al 450 a.C., specificano che una strada dovesse essere larga circa 2,45 m nei tratti dritti e circa 4,90 m in quelli curvi. Le stesse tavole prescrivono la costruzione di strade, e il libero passaggio dei viaggiatori sulle terre private dove la strada fosse inagibile. Per questa ragione la costruzione di strade che non necessitassero di frequenti riparazioni divenne quasi un obiettivo ideologico.

Le leggi romane definivano il diritto di usare una strada come servitus (da cui il moderno termine giuridico “servitù”) Lo jus eundi (il “diritto di andare”) stabiliva che si potesse usare un iter, un cammino, attraverso terre private; lo ius agendi (“diritto di guidare”), che si usasse un actus, cioè una via carrabile. Una strada combinava ambedue i tipi di servitù, sempre che fosse della larghezza adeguata, che veniva determinata da un arbiter (un arbitro, o perito). La larghezza standard era la latitudo legitima di 8 piedi. In queste aride leggi possiamo notare la prevalenza del diritto pubblico su quello privato, fatto che caratterizzava l’ordinamento repubblicano.

Con la conquista dell’Italia le vie pavimentate vennero estese da Roma e i suoi dintorni fino alle città più lontane, talvolta ricalcando tracciati esistenti. Costruire una strada era una responsabilità militare, quindi ricadeva sotto la giurisdizione di un console. Questo processo aveva persino una definizione militare, viam munire, come se la strada fosse una fortificazione (vedi limes romano). Le singole città erano comunque responsabili per le proprie strade, che i romani chiamavano viae vicinales.

Una strada collegava due città. Alcuni collegamenti nella rete viaria erano lunghi fino a 90 km. I costruttori spesso cercavano di mantenere una larghezza standard, ma esistono strade che vanno da 1,10 m fino a oltre 7 m di larghezza.

Naturalmente si cercava di costruire strade dritte, e molti tratti effettivamente lo sono, ma certo non tutti. Il costruire strade rettilinee portava spesso a salite ripidissime, impraticabili per il traffico pesante dell’epoca: con il passare del tempo i romani capirono questo problema, e costruirono alternative più lunghe, ma meglio percorribili con i carri.

Le strade si snodavano generalmente in campagna, in posizione centrale. Tutto ciò che si trovava lontano dalla strada maestra vi era collegato dalle cosiddette viae rusticae, o strade secondarie. Sia le une che le altre potevano essere pavimentate o meno, ad esempio con solo uno strato di ghiaia e sterco di asino, come accadeva in Nordafrica. Queste strade preparate ma non pavimentate venivano chiamate viae glareae o sternendae (“da cospargere”). Dopo le strade secondarie venivano le viae terrenae, normalmente sterrate. Una mappa stradale dell’impero mostra chiaramente che la rete viaria lo copriva in larghissima parte. Oltre i confini non esistono strade, ma si può presumere che i semplici sentieri o le strade sterrate permettessero il trasporto di alcune merci.